26.2.08

Recensione: John Rambo

Regia: Sylvester Stallone

Sceneggiatura: Sylvester Stallone
Cast: Sylvester Stallone, Julie Benz, Matthew Marsden, Graham Mc Tavish

Dopo esser tornato sul ring lo scorso anno, in questo 2008 Stallone ha ben pensato di resuscitare anche John Rambo.

Purtroppo.
Ancora una volta Stallone fa tutto in proprio, scrive il film, lo interpreta e lo dirige anche, dimostrando, almeno in questo, una certa caparbietà nel portare avanti i suoi progetti.
Trascorsi gli 80 vergognosi minuti della pellicola, la prima domanda che ci si pone è: Era necessario questo film?
Era necessario scomodare un personaggio che, nel bene e nel male, ha fatto la storia del cinema?
La risposta è no.
Ma non uno di quei no “incerti”, di chi critica Stallone e il “suo” modo di vedere/vivere il cinema, e i film action nello specifico, che ha ancora il coraggio di mettersi in gioco, quanto un no “deciso”, che non vuole altri scempi simili in futuro, non vuole che lo spettatore venga preso in giro da false promesse e, soprattutto, non vuole disturbare gli “eroi” di tanti film d’azione e non del passato (seppure recente).
I primi 40 minuti sono pressoché inutili, a partire dall’incipit che prende spunto dai recenti fatti di cronaca per giocare sulla “sensibilità mediatica”, per arrivare poi al primo approccio con il vetusto John Rambo.
dovrebbero servire per ambientarsi e ricucire il feeling con un personaggio che manca ormai da parecchi anni sullo schermo (era il 1988 quando “Rambo III - Il guerriero immortale dalla corvina chioma” usciva nelle sale), caratterizzare in maniera decente i personaggi di contorno e i loro, non tanto vari, antagonisti, ma invece non è così, ci troviamo a guardare un sessantenne che a fatica riesce a respirare che prova a fare il duro dal cuore tenero e che usa l’arco meglio di Robin Hood.
I restanti 40 minuti (37 per la precisione) sono un montaggio accelerato (stile Buster Keaton e Roscoe Arbuckle) di una sequela di scene action senza senso, con corpi maciullati (ma erano poi così necessari?), proiettili perfora camion, barche, uomini, rocce e quanto altro, inutili dialoghi buttati lì tanto per riempire il vuoto tra una testa mozzata e la successiva, una mina Claymore che fa esplodere anche un residuo bellico della Seconda Guerra mondiale provocando un esplosione simile a quella innescata dal Predator (in qualsiasi film della serie) in un tripudio di effetti speciali di bassa lega, un tizio capace di armeggiare con un fucile del peso di circa 10 kg come se si trattasse di un soldato scelto del gruppo “G.I. Joe” e, soprattutto, sono i minuti in cui viene fuori la vera natura del film: la “commercialata”, tipico prodotto made in Hollywood (qui ci accontentiamo delle “commercialate” natalizie, almeno De Sica e soci sembra facciano ridere. No, Boldi non fa ridere, ma questo è un altro discorso), nato al semplice scopo di svuotare le tasche degli spettatori.
Credo ci si possa fermare qui e mettere la parola fine a questa breve “recensione” (anche se nel caso specifico credo sia meglio definirlo “commento”, recensione è una parola troppo grossa per un film di questa caratura).
Voci di corridoio parlano di un possibile seguito anche per “Cliffhanger” (diretto da Renny Harlin nel 1993, venne poi omaggiato da Jim Carrey in “Ace Ventura - Missione Africa”), mi auguro rimanga solo una voce di corridoio, così come mi auguro che se i prossimi film dello stallone italiano devono essere come e peggio di questi, si incammini anche lui mestamente sul viale del ritorno.
Brutto.
E non aggiungo altro.


Recensione a cura di Svengali

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