21.2.08

Recensione: Lo scafandro e la farfalla

Regia: Julian Shnabel
Sceneggiatura:
Ronald Harwood

Cast: Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Marie-Josée Croze, Anne Consigny, Max von Sydow

Jean-Dominique Bauby, il caporedattore di “Elle”, si risveglia in ospedale dopo alcune settimane di coma. E' stato colpito da un ictus che ha lasciato quasi completamente paralizzato il suo corpo, l'unica parte che ancora può muovere è l'occhio sinistro. Lo scafandro e la farfalla, il nuovo film del pittore Julian Schnabel, ci accoglie con questo incipit e ci rinchiude fin da subito all'interno dello scafandro che rappresenta il corpo inerme del protagonista, ci fa vivere in prima persona le sue emozioni e la sua amarezza nei primi giorni dal suo risveglio. Ma questo, per certi versi, claustrofobico inizio è solo una premessa alla rinascita di un uomo che troverà le motivazioni per continuare a vivere e, nonostante la criticità della situazione, a gioire grazie alla forza dei suoi ricordi e della sua immaginazione, fervida al punto da rendere la sua mente simile ad una farfalla che troverà anche il modo di comunicare grazie ai battiti delle ciglia, che guarda caso ricordano lo sbatter d'ali di una farfalla. Un battito per dire “si”, due battiti per dire “no”: con questo sistema, inizialmente macchinoso e frustrante, Jean-Dominique Bauby sarà in grado di dettare un intero libro che verrà pubblicato con successo (anche in Italia).

Detto così potrebbe sembrare il classico, melenso film ospedaliero che cerca di far leva a tutti i costi sui sentimenti dello spettatore, ma le cose non stanno esattamente in questo modo. Premesso che le disavventure realmente accadute di Jean-Dominique Bauby risultano davvero commoventi, dobbiamo riconoscere al regista e allo sceneggiatore il merito di aver portato su pellicola una storia di grande umanità senza cadere nei classici manierismi rischiando così di banalizzare il tutto. Il modo in cui viene raccontata la vicenda è, anzi, molto interessante e, anche se non esattamente immediato, risulta di grande efficacia narrativa non solo in virtù della bontà della sceneggiatura ma grazie anche alla splendida regia (giustamente premiata a Cannes) che si fa confusa e sfocata quando vuole emulare la visione tristemente mono oculare del protagonista ma visionaria e poetica nel caso in cui debba rappresentare i suoi ricordi o la sua fantasia. La cinepresa viene utilizzata in maniera davvero efficiente (e in molti casi necessariamente e volutamente antiestetica) e questo non fa che aumentare l'empatia di coloro che osservano. Come si diceva, è facile commuoversi durante la visione ma è incredibile come in certe occasioni, nonostante si percepisca la drammaticità degli eventi, sia possibile lasciarsi scappare un sorriso o addirittura una risata. Con un certa inevitabile vena di amarezza, ma tant'è. La colonna sonora fa il suo dovere ed accompagna la visione con coerenza pur senza enfatizzare eccessivamente i passaggi più coinvolgenti.

Tutto questo è possibile grazie anche all'ottima prova del cast. A cominciare da Mathieu Amalric che, seppure si intraveda piuttosto raramente e considerato il fatto che per buona parte delle scene la sua interpretazione sia quella di un uomo dal corpo e dal volto paralizzati, riesce a calarsi molto bene in un ruolo indubbiamente anomalo. Ma anche gli altri interpreti non sono da meno: la redattrice (Anne Consigny), l' ortofonista (Marie-Josée Croze), l' ex moglie (Emmanuelle Seigner), il padre (Max Von Sydow) sono tutti personaggi ben interpretati che contribuiscono alla riuscita della pellicola.

In sintesi possiamo affermare che Lo scafandro e la farfalla è un film dalle qualità molto preziose che affronta un tema non certo nuovo per il cinema (da ricordare il recente Mare Dentro del sempre bravo Amenàbar), ma che lo fa senza inutile retorica ed evitando i soliti cliché. E che, possiamo sbilanciarci, fra tutti i lungometraggi che raccontano la storia di gravi portatori di handicap, finirà per essere ricordato come uno di quelli meglio realizzati.


Recensione a cura di Nosf

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