3.3.08

Recensione: Un'altra giovinezza

In occasione dell'uscita in dvd dell'ultimo film di Francis Ford Coppola vi proponiamo una breve recensione (e vi consigliamo di recuperarlo quanto prima).



Regia: Francis Ford Coppola
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Cast: Tim Roth, Alexandra Maria Lara, Bruno Ganz

Francis Ford Coppola torna al suo primo amore dopo un’assenza durata dieci anni (il suo ultimo [capo]lavoro risale al 1997, “L’uomo della pioggia”) e lo fa adattando per il grande schermo una delle opere più famose del letterato rumeno Mircea Eliade: “Un’altra giovinezza”.
La trama, sia del libro che del film, trae origine da un tema tanto “abusato” quanto di grande profondità: crisi d’identità, abbandono e perdita di amore per la vita.
Qualcosa non va così come previsto da Dominic Matei, settantenne docente di lingue orientali, che proprio nel giorno in cui ha deciso di togliersi la vita si ritrova a giacere in stato di semi-coscienza in un letto d’ospedale folgorato da un fulmine.
Lui, come tutta l’equipe medica che segue il suo caso, rimane sorpreso dal vedere che non solo non sia rimasto mutilato, né tanto meno sfigurato, quanto invece stia cominciando a ringiovanire.
Ed è proprio in questo preciso momento che la pellicola prende una piega ben differente dal panorama cinematografico attuale: Dominic è, infatti, ossessionato da questo inspiegabile fenomeno, al punto tale da creare un suo doppio, attraverso il quale cercare sicurezza ed ottenere spiegazioni su fenomeni cui lui non sa trovare risposta.
Perno della storia è il rapporto che viene a crearsi tra Dominic e il suo alter-ego immaginario e, allo stesso tempo, il modo in cui questa ambigua figura si rapporta con il mondo esterno, a sua volta incuriosito da un quanto mai singolare fenomeno.
Saggiamente il tutto non ruota intorno a barlumi di reminescenza stile “Highlander” né tanto meno a manie di grandezza stile “Matrix” (anche se a partire da un certo momento se ne paventa la possibilità), quanto alla rinnovata fiducia del protagonista nella vita.
Un re-innamorarsi di tutte le piccole gioie quotidiane, scoprirne di nuove, “innamorarsi dell’amore”.
Un’aurea positiva che giova sia al protagonista che allo spettatore che pian piano sogna, grazie alla delicatezza delle inquadrature e alle ottime musiche di Osvaldo Golijov, di essere egli stesso protagonista.
Il maggior pregio dell’opera è anche il suo più grande difetto, pone molti interrogativi e da’ poche certezze confondendo lo spettatore ed obbligandolo ad un’attentissima visione (e ad una seconda visione in alcuni casi, ma qui viene in aiuto il libro omonimo [Edito da Rizzoli, ndr.]), pur tuttavia lascia riflettere, come pochi altri film sono riusciti a fare, nonostante sia ambientato in un’epoca completamente differente dalla nostra.
Al di là del bene e del male, del perché delle sue azioni, lancia un potente interrogativo: perché l’uomo è ciò che è diventato?
Ma è allo spettatore che tocca trovare una risposta…
Dunque non è sicuramente un prodotto per tutta la famiglia né adatto a tutti i “palati” e, a malincuore, non trova neanche nel cast il suo punto di forza, al di là del bravissimo Tim Roth e di Bruno Ganz, il resto degli interpreti ha il più delle volte lo sguardo stralunato e non fa dell'espressività il suo punto di forza (in particolare la protagonista femminile Alexandra Maria Lara), né tanto meno si può considerare il capolavoro che il manifesto pubblicitario lascia intravedere.
Un buon lavoro che a sprazzi lascia intravedere il potenziale del fu Francis Ford Coppola, tolti alcuni tempi lunghi (alcune situazioni paiono dilatate all’inverosimile) e dispiegata in maniera migliore la vicenda in India, sarebbe stato un ottimo film, ma rappresenta sicuramente un valido esponente del suo genere.
Sentimentale e nostalgico.


Recensione a cura di Svengali

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