27.3.08

Recensione: La volpe e la bambina

Regia: Luc Jacquet Sceneggiatura: Luc Jacquet, Eric Rognard Cast: Bertille Noël-Bruneau, Isabelle Carré, Thomas Laliberté

Il nuovo film "naturalista" di Luc Jacquet, regista de "La marcia dei pinguini".


Dopo “La marcia dei pinguini”, successo di critica e pubblico (premiato con l’oscar nel 2006) Luc Jacquet dedica il suo nuovo film, ancora una volta, al mondo animale, ponendolo tuttavia in correlazione con il mondo umano.
E
’ difficile restringere la pellicola ad un solo genere, in quanto sarebbe scorretto definirlo documentario, ma altrettanto lo sarebbe categorizzarlo come film per ragazzi.
Lo spunto per la narrazione è dato dalla fiaba che una giovane madre, la cui voce (doppiata in italiano da Ambra Angiolini) accompagnerà anche le immagini, racconta al suo bambino per farlo addormentare.
Attraverso una magnifica fotografia (è opera di Eric Dumage e Gérard Simon), quasi eloquente a
l punto tale che le parole servono poco o nulla, Jacquet ci introduce in un mondo tanto vicino e al contempo misterioso (le location si sono alternate tra i monti del Plateau de Retord e il Parco Nazionale d’Abruzzo), dove nulla è dato per scontato e le apparenze molto spesso ingannano.
Quello che, infatti, all’apparenza sembrerebbe un rapporto di amicizia impossibile, tra una volpe e una bambina, si rivela invece realizzabile, seppur con un pizzico di “magia”.
Fiaba e realtà si fondono per dare vita ad un prodotto delicato capac
e di affascinare non solo i giovani (come recita lo slogan pubblicitario), ma anche i più grandi.
Le musiche che accompagnano le immagini non risultano mai sgradevoli né invadenti e tra danze di luci, foglie e colori scorrono le varie stagioni e si consolida un inverosimile rapporto, in un caleidoscopio di emozioni che è antitetico al “reale” rapporto tra uomo e animali.
La volpe guida la bambina nella natura incontaminata e selvaggia, mostrandole un intero mondo paragonabile ad un paradiso perduto, lontano dalla mano distruttrice dell’uomo.
Ma, come è giusto che sia, non tutto è soggetto al volere dell’uomo (ed è questo uno dei temi portanti del film, insieme alla lotta per la sopravvivenza), quando la bambina prova a soggiogare al suo volere la volpe (ribattezzata Titù per l’occasione), qualcosa si incrina irrimediabilmente, fino ad arrivare al tragi(comi)co finale che prova inutilmente a far leva sui sentimenti, scadendo nel banale e nello scontato.
La voce narrante di accompagnamento non si rivela una scelta azzeccata, il più delle volte risulta fastidiosa e spezza l’armonica atmosfera creatasi.
Così come è spesso fuori lu
ogo la scelta di far parlare la bambina, dotata tuttavia di un’intensa verve espressiva (peraltro doppiata sommariamente).
Sarebbe stata gradita un’intesa di sguardi e il solo sentire dei suoni naturali (sulle belle musiche passiamo sopra), ma tant’è.
Per tutto il resto il film vive tra il surreale (la famiglia della bambina non si vede mai, non ha amici, non va’ a scuola), i toni drammatici (si crea parecchia enfasi durante l’attacco dei lupi e durante la dipartita nel bosco in piena notte) e lo stile documentaristico tanto caro a Jacquet (l’accoppiamento degli animali e altri piccoli particolari).
Godibile pellicola, non manca di sorprendere, ma alcuni punti morti nella narrazione e alcune scelte per niente azzeccate ne minano la perfetta riuscita.
Certo è che c’è del talento, sia nel regista che nella giovane attrice, bisognerà solo vedere come sarà sfruttato in futuro.
Menzione a parte per le volpi che hanno “interpretato” Titù alla stregua di un attore in carne e ossa, per la serie che una volta tanto dire “reciti peggio di un animale” (licenza poetica, in realtà sarebbe “reciti peggio di un cane”) non è un’offesa.
Una buona favola che accontenta un po’ tutti i palati.


Una recensione a cura di Svengali

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