4.4.08

Recensione: Juno

Regia: Jason Reitman
Sceneggiatura: Diablo Cody
Cast: Ellen Page, Jason Bateman, Jennifer Garner, J.K.
Simmons, Michael Cera

Arriva anche in Italia il campione d’incassi d’oltreoceano “Juno” che ha letteralmente fatto impazzire gli americani, ma non tutto quel che luccica è oro...

Ve ne avevamo parlato già un po’ di tempo fa quando ancora “Juno” era solo una bella speranza, una favola nel panorama delle produzioni indipendenti americane, ma oggi è finalmente uscito anche qui in Italia.
A scanso di equivoci posso dire sin da ora che il film è ampiamente sopravvalutato e il paragone con “Little Miss Sunshine” è ingiusto e fuori luogo.
Con una spruzzata di anni novanta (e demenziali contaminazioni da “Napoleon Dynamite” che dei novanta non è, ma ne ricalca la scia) inizia il secondo lungometraggio di Jason Reitman (il primo è stato il bel “Thank you for smoking” n.d.r.), e tra disegni e personaggi cartooneschi si viene introdotti al mondo della fragile Juno McGuff (una bravissima Ellen Page), che durante un rapporto non protetto, avuto più per noia che per amor vero, con il suo amico Paulie Bleeker (Cera) rimane incinta.
Superato l’iniziale sconforto decide di confessare tutto ai suoi genitori per poi mettersi in cerca, insieme all’amica Leah, di una coppia disposta ad adottare il nascituro.
La troverà nei coniugi Vanessa e Mark Loring (Jennifer Garner e Jason Bateman).
La piccola e inesperta Juno, impreparata ad una simile responsabilità, vede crollarsi il mondo addosso ed è per questo, e qui la sceneggiatura si ricollega perentoriamente all’attualità, decide di abortire prima e di dare in adozione il bambino poi.
Quasi sicuramente è il tema così attuale e fonte di inesauribile (e molto spesso sterile) dibattere che ha segnato il successo della pellicola, ma alla bella confezione propinataci dalla neo-sceneggiatrice Diablo Cody non corrisponde un contenuto altrettanto valido.
Molto sa di già visto e il filo della narrazione appare molto spesso forzato, ricadendo al più nei cliché tipici dei film cosiddetti adolescenziali.
Irritante il tentativo di sensibilizzare sul diritto alla vita e altre oscenità simili, quando il pensiero primario dei protagonisti e (tanto per non distaccarsi dal colloquiale e dal quotidiano) “pomiciare” e “andare a vedere il bagno in camera che fa’ tanto figo”.
Non ci sono lotte, ravvedimenti, crescite, non ci sono famiglie difficili, non c’è niente che richiami alla normalità, anzi c’è un padre comprensivo (il caratterista J.K. Simmons direttore del Daily Bugle in “Spider-man”) e una famiglia, per quanto alla buona, che sta dietro alla sua piccola Giunone.
Quando poi si prova a far leva sulla lacrima facile scade ancor di più nel ridicolo e sa tanto di minestra riscaldata.
Immeritato l’oscar per la miglior sceneggiatura originale, avrei preferito lo vincesse il piccolo “Lars e una ragazza tutta sua”.
C’è inoltre da dire che le stesse tematiche, estraniate però dal contesto giovanile, sono al centro delle commedie di recente uscite oltreoceano (da “Molto incinta” a “Waitress - Ricette d’amore”, sempre con Jason Bateman), un mercato già saturo ancora prima che abbia tempo di “diffondersi”.
Non il bel film, gonfiato dalle aspettative, che attendevo, privato di tutta la cortina di fumo che gli ruota intorno rimane un film mediocre che si regge semplicemente sulla bravura della sua protagonista e su quella dell’eterna promessa Bateman.
Molto bella invece la colonna sonora, con brani dei Mott the Hoople e Velvet Underground, oltre al rifacimento, nel finale, di “Anyone else but you” dei Moldy Peaches cantata dagli stessi Cera e Page.
Amabile e qualunquista.
Delusione.


Recensione a cura di Svengali


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