2.5.08

Recensione: Saw IV

Regia: Darren Lynn Bousman
Sceneggiatura: Patrick Melton, Marcus Dunstan
Cast:
Tobin Bell, Scott Patterson, Lyriq Bent, Costas Mandylor


Quarto, sanguinolento, capitolo della saga del folle enigmista, inarrestabile nel suo gioco di morte.


Jigsaw (Bell), il maniaco che ha mietuto innumerevoli vittime nei precedenti film, giace sul suo letto di morte in una stanza di un obitorio, pronto per l’autopsia, tuttavia il ritrovamento di un nastro all’interno del suo stomaco da’ il via ad un nuovo “gioco” e ad una nuova girandola di morti.
Questa volta ad essere al centro delle attenzioni del sociopatico uomo c’è il detective Rigg (Bent), ossessionato dal veder puntualmente morire tutti i suoi colleghi per mano dell’enigmista, che in una corsa contro il tempo lotta per salvare le vite di altri due suoi compagni, Hoffman (Mandylor) e Mathews, prima che vadano incontro ad una fine al limite dell’inevitabile.

Nel contempo il detective dell’FBI Strahm (Patterson) prende le redini del caso e attraverso le sue indagini riesce a svelare il passato di Jigsaw e le vere ragioni che lo hanno spinto a compiere tali efferatezze.
Quasi sicuramente il successo della serie “Saw” risiede nell’originalità dei marchingegni messi a disposizione del folle protagonista/antagonista (Bell), altrimenti è inspiegabile come possano aver ottenuto un tale successo dei prodotti che non si distinguono per eccellenza né nella categoria degli horror, né tanto meno in quella gore/splatter (c’è roba molto più sanguinolenta, basti pensare alle follie visionarie dei vari “Man behind the sun” e “Murder set pieces”), ma si distingue, oltre che per l’ormai inossidabile carisma del “sempreverde” Jigsaw, anche per tutta quella serie di marchingegni messi in piedi dal loro fautore che con sadica astuzia e senza remore alcuna distribuiscono ettolitri di sangue lungo il corso dell’intera pellicola.

Alla regia ancora una volta Darren Lynn Bousman già regista dei due precedenti episodi (l’originale è stato scritto e diretto da James Wan) che dopo la svolta decisamente gore in cui aveva incanalato il film nel precedente episodio, dirige (si fa per dire) una serie di scene truculente in cui la trama si riduce a vano pretesto per amputare arti e i momenti di tensione risultano praticamente assenti.
Novello Leonardo Da Vinci, pronto a stupire ogni volta con una nuova, grandguignolesca, invenzione, John Kramer (il vero nome dell’enigmista) è immortale quasi al pari del Connor MacLeod di “Highlander”, e nonostante la sua dipartita (avvenuta nel terzo episodio) un quinto film è già in produzione ed un sesto, molto probabilmente ultimo, è già stato annunciato (probabilmente le idee incominciano a scarseggiare)
.
Sicuramente un passo avanti rispetto ai due precedenti film, ma rimane in ogni caso nettamente inferiore all’originale. Piccola parte per Angus MacFadyen (“Braveheart” e “Equilibrium”) e per Donnie Wahlberg, fratello del più famoso Mark, già nel cast del secondo film.
La sceneggiatura è stata affidata al duo Patrick Melton - Marcus Dunstan (che avevano esordito con l’horror “Feast”), mentre le musiche sono del solito Charlie Clouser.

Una serata tra amici (e niente cibo sullo stomaco) sono il giusto encomio per questa pellicola.

Il cinema non lo merita (e soprattutto non merita i vostri soldi).


Recensione a cura di Svengali

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