28.2.08

Recensione: Persepolis

Regia: Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud

Sceneggiatura: Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud
Cast (Voci):
Paola Cortellesi, Sergio Castellitto


Marjane Satrapi, prima che regista di questo “Persepolis” è anche la disegnatrice dell’omonima graphic novel (edita da Lizard Edizioni), ma prima ancora è una donna iraniana fortemente innamorata della sua terra e dei luoghi in cui è vissuta ed è proprio in quest’ottica che il film, perché definirlo semplice cartone animato sarebbe riduttivo, va inquadrato, ossia in quella di una dichiarazione d’amore per un Iran che ormai non esiste più e che vorrebbe veder invece rinascere.
Il film, trasposizione fedele dell’originale cartaceo, è diretto a quattro mani dalla Satrapi e da Vincent Paronnaud (noto fumettista francese, ideatore del personaggio di Monsiuer Ferraille).
L’opera è, come la graphic novel, interamente in bianco e nero (ad eccezione delle scene ambientate nell’aeroporto parigino) ed è, soprattutto, di natura autobiografica.
I temi affrontati, come già scritto precedentemente, sono molto delicati e profondi e spaziano dalle riflessioni di natura teologica (memorabili i dialoghi con Dio) alle accuse mosse al governo iraniano, di allora e di oggi.
La prima cosa che si evince è la totale assenza dei classici scontri generazionali, tanto cari ai cineasti moderni e ancor di più alle famigliole animate portate su schermo, grandi o piccole che siano, anzi il rapporto con la famiglia, unico caposaldo in una società dilaniata da incessanti scontri politico/ideologici, è l’elemento che mantiene in vita la giovane protagonista.
Marjane trova nella musica prima (tra Michael Jackson, AC/DC e ABBA ce n’è un pò per tutti i gusti) e nella fuga in Europa poi l’unico modo per estraniarsi da questo mondo difficile, arrivando persino a rinnegare le sue origini, salvo essere riportata sulla retta via dallo spirito della nonna (piacevole richiamo alla Glenn Close de “La casa degli spiriti”, ovviamente secondo il mio punto di vista), che le mostra anche
il vero volto di un continente, quello europeo, che non sono solo alcol, droga e concerti hippie, ma a farla da padrona è il sentimento xenofobo.
Ritorna dunque in patria, come donna e non come illusa adolescente, satura di sentimenti nazionalisti, e con la voglia di cambiare un’intera nazione, ovviamente senza riuscirci, in fin dei conti Marjane è sempre la stessa, il corpo muta, ma la mente e l’animo rimangon gli stessi.
Il tratto stilistico è semplice, non gioca infatti sull’introduzione di tecniche innovative, quanto sulla potenza delle immagini rappresentate sullo schermo, non ricorrendo a facili decontestualizzazioni storiche e/o buonismi di bassa lega e presentando invece la realtà così come essa è, in un arco di tempo che va dalla fine degli anni settanta ai giorni nostri.
E il bianco e nero, strumento espressivo potente, anche più del colore, richiama alla memoria eventi trascorsi e getta le basi per l’inevitabile constatazione finale, ossia che si stava meglio quando si stava peggio e che non basta la volontà del singolo per cambiare le cose, ma serve l'intera collettività.
Si tratta di un film d’animazione a carattere tradizionale, ma non per questo poco incisivo nei contenuti.
E possiamo affermare che il messaggio viene percepito in maniera ottimale dagli spettatori: alla prima ufficiale, in Francia, il film ha ottenuto applausi a scena aperta e una standing ovation ininterrotta per più di dieci minuti.

L’unico difetto imputabile al film è il fatto che tratti temi abbastanza complessi con una certa leggerezza e se da un lato questo può favorire la visione da parte dello spettatore più smaliziato, chi invece è consapevole del potenziale della graphic novel (nonchè della storia iraniana degli ultimi 25 anni) potrebbe rimanere
leggermente deluso. Ma è solo una goccia d’acqua in un oceano che, seppur in bianco e nero, riesce a regalare forti emozioni. Non ci spieghiamo il fatto che il film sia stato posticipato, inspiegabilmente, al venerdì 29 (paura di “Sweeney Todd” e di “John Rambo”? In effetti il week-end precedente, seppur "scarso" qualitativamente ed economicamente parlando, ha visto il secondo trionfare su tutti gli altri film in sala, sarebbe quindi stata una mossa avventata distribuirlo il 22, oppure il tutto è stato fatto in previsione/con la speranza di una ipotetica vittoria agli Oscar, così da richiamare in sala un numero maggior di spettatori), in ogni caso questo dovrebbe garantirgli una distribuzione più capillare. mente la voce del Chigurh italiano, completamente differente a quella dell’originale).
Raramente i film di animazione riescono a trasmettere al pubblico le difficoltà che stanno dietro la persona che lo ha realizzato (e dietro la sua esistenza), “temi impegnati” e ottima qualità grafica non convivono serenamente, ma non è questo il caso della Satrapi, che ha perfettamente trasformato i quattro volumi della sua opera in un intesa scia di emozioni, sentimenti, che raccontano non solo di crescita interiore (passaggio dalla giovinezza all’età adulta), ma anche di tutte le trasformazioni di un’Europa incapace di accogliere chi, come lei, è “diverso”.
Assolutamente consigliato, se avrete la fortuna di trovarlo in sala vedetelo senza pensarci due volte.
Per concludere, un piccolo appunto sull’edizione nostrana, di buona caratura è infatti il doppiaggio e seppur la voce della Cortellesi sia lontana come tonalità ed espressività dall’originale, il tutto risulta godibile, quindi una volta tanto, invece di lamentarci (come è nella nostra natura di italiani), godiamoci un film il cui adattamento non snatura l’originale (e mi vengono ancora i brividi a pensare al povero Anton Chigurh minato da un doppiaggio mediocre).


Recensione a cura di Svengali

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